Il cannabidiolo, conosciuto anche con la sigla CBD, è un composto chimico contenuto nella Cannabis sativa essiccata e nell'hashish, scoperto nel 1940. In particolare, si tratta di uno dei 142 fitocannabinoidi contenuti nella cannabis e può essere riprodotto anche tramite un processo interamente chimico. Il cannabidiolo non ha la stessa psicoattività del THC, che è il principale agente psicotropo della cannabis, ma nonostante ciò la legislazione sull'utilizzo legale di questa sostanza è molto controversa; tuttavia, di recente è stato provato che può essere molto utile all'interno di farmaci specifici per curare forme gravi e rare di epilessia.
Le caratteristiche
Il cannabidiolo è una sostanza completamente naturale, insolubile in acqua e a temperatura ambiente. Agisce sulle cellule recettrici del sistema nervoso, producendo un effetto rilassante, oltre ad avere proprietà anticonvulsivanti, antidistoniche, antiossidanti e antinfiammatorie; inoltre, può essere utile per ridurre il livello della pressione endo-oculare, favorisce il sonno e contribuisce a lenire gli effetti di ansia e panico, per cui è anche una sostanza calmante. Attualmente, il cannabidiolo è sottoposto a numerosi studi di ricerca in campo medico, proprio per indagare sulle sue molteplici proprietà benefiche e curative e verificarne l'utilità in specifiche terapie mediche e farmacologiche.
Come si utilizza
Il cannabidiolo è venduto sotto diverse forme, come oli, cristalli, semi, cosmetici e creme o pomate curative, ma anche come liquido sostitutivo della nicotina nelle sigarette elettroniche; inoltre, esistono prodotti a base di cannabidiolo specifici per gli animali domestici. Questa sostanza è classificata dall'Unione Europea come prodotto alimentare e, solo in parte, è presente nella marijuana, anche se in alcuni casi rari può essere il cannabinoide dominante. In ogni caso, a differenza del THC, non è una sostanza psicotica e, anzi, può essere utilizzata per contrastare gli effetti di quest'ultima: infatti, limita l'azione di degradazione del fegato attuata dal THC, inibendo l'azione dell'enzima citocromo. Gli estratti di cannabidiolo che si trovano in commercio sono tutti ricavati dalle varietà di cannabis iscritte al registro comunitario europeo e che possono essere coltivate a livello industriale. Si trova, nella sua essenza più pura, sotto forma di cristalli, ovviamente debitamente trasformati e raffinati. Per quanto riguarda il settore alimentare, molto diffuso è l'olio di cannabidiolo, spesso diluito con l'olio di canapa, che può essere usato come condimento o per profumare le bevande, o ancora può essere ingerito sotto forma di capsule. Questa sostanza può essere reperita anche come liquido da inserire nelle sigarette elettroniche e, poiché riesce ad assorbire velocemente i cannabinoidi, ha un effetto istantaneo: infatti, subito dopo aver fumato si avverte immediatamente un senso di rilassamento. Questo è anche il principio alla base della riduzione del dolore nelle terapie che utilizzano CBD e THC.
Le proprietà curative del cannabidiolo
Il cannabidiolo agisce sul corpo umano principalmente come calmante, conferendo un effetto rilassante sui muscoli. Una delle sue principali funzioni è quella di contrastare e ridurre alcuni degli effetti collaterali indotti dall'assunzione prolungata di THC, come la perdita di memoria, il nervosismo e il disorientamento; inoltre, ha proprietà analgesiche e antinfiammatorie. È conosciuto principalmente per essere un ansiolitico e un antidepressivo, ma studi recenti sembrano aver intuito che possa essere usato anche come base di farmaci antitumorali, specifici per inibire l'avanzamento di metastasi in specifiche tipologie di carcinomi. Il cannabidiolo è anche un antiemetico, adatto per contrastare nausea e vomito, oltre che un antipsicotico, utilizzato per combattere disturbi quali schizofrenia e deliri allucinatori. A parte la sensazione di sedazione derivante da un abuso di cannabidiolo, questa sostanza non presenta controindicazioni per l'organismo umano. Non esiste una dose minima di cannabidiolo da assumere giornalmente, perciò è sempre bene consultare il proprio medico curante, anche per evitare, al contrario, di assumerne troppo. In ogni caso, l'organismo mediamente tollera non più di 1500 mg al giorno.